Non dimenticherò mai “er sor Michele“.  Sono nata in una famiglia modesta, non ci è mai mancato nulla, pur non potendoci permettere di sprecare o fare shopping selvaggio. Nonostante la scolarizzazione dei miei genitori non andasse oltre la terza media, i libri non sono mai mancati in casa, però costavano e averne nuovi era un po’ come comprare scarpe e vestiti: solo in occasioni speciali o quando necessario perché “eri cresciuta“.

Erano per noi oggetti comuni, facevano parte dell’arredamento, sì, ma li trovavo spesso anche tra le mani dei miei genitori o dei miei nonni. Non essendo un millennial, ho vissuto il meraviglioso tempo senza tecnologia, quando i libri erano un investimento e avevano un grande valore.

Non appena imparato a leggere quindi è stato naturale per me prenderli e sfogliarli. Non esisteva ancora una vera e propria linea editoriale orientata ai ragazzi, era naturale per i miei genitori permettermi di leggere tutto ciò che avevamo in casa. Non esistevano “libri miei”, i libri erano di tutti, tranne quelli di studio che però venivano rivenduti alla fine dell’anno scolastico (e questo mi ha insegnato a tenerli con grandissima cura) e, quando quelli di casa non mi bastavano più, usavo quelli della biblioteca.

Ho ricevuto il “mio” primo libro in regalo come premio per aver superato con i migliori voti l’esame di terza media. Era il tempo in cui tutti i librai leggevano libri ed erano capaci di suggerire e di chiacchierare coi clienti. Ricordo ancora quel signore grande e grosso della libreria di quartiere che si sedeva sulla sedia mentre mi osservava guardare i libri. Nelle mie fantasie era una specie di “Mangiafuoco”, alto, con la barba scura, anche se poca, e grandi occhi neri. Mi osservava mentre li guardavo, li volevo tutti, non sapevo decidere.

Lui si è avvicinato e mi ha chiesto: “Che lettrice sei?”, non capivo la domanda che nessuno mi aveva mai fatto prima. Mi ha portato davanti alle novità e mi ha indicato un tomo gigante, un librone di oltre 1000 pagine. L’ho guardato con bramosia e, mentre mia madre obiettava che forse era troppo per una ragazzina, lui la ignorava parlando solo con me: “Leggere è un gioco, questo libro è una sfida, ti va di provare? Ti prometto che se non ti piace o non riesci a leggerlo, me lo riprendo e te ne dò un altro.”

Non ho sentito ragioni, accettavo quel patto prendendo il libro in mano e portandolo a casa, mia madre scuoteva la testa pagando. L’ho iniziato appena arrivati a casa e l’ho terminato cinque giorni dopo, complici le vacanze estive. I miei genitori erano quasi preoccupati. Il mio primo libro. Il primo libro mio.

Così è nata la mia vita da lettrice, una lettrice onnivora, come mi ha definito il libraio da cui poi sono tornata a dirgli che avrei tenuto il libro perché lo avevo terminato. Mi ha guardato con rispetto e ammirazione, poco importava avessi una manciata di anni, quello sguardo mi ha fatto sentire un lettore adulto, una persona senza tempo e senza anni. Mi regalò un libro per celebrare e, negli anni successivi, diventò il mio libraio di fiducia e il mio compagno di discussioni letterarie. Il suo modo di raccontarti un libro era quasi severo, difficilmente ti diceva una trama o ne faceva cenno, partiva dal sentimento che ne aveva ricavato. Cominciava le recensioni con una specie di titolo: “E’ un libro aggressivo…” oppure “E’ un libro menzognero…”, negli anni ho provato anche io a definire i libri così, ma non ci sono mai riuscita. Mi manca, mi manca terribilmente un compagno di discussioni letterarie come lui, mai saccente, ma entusiasta, mai pago di racconti e impietoso nei giudizi. Leggo di librerie che chiudono e penso a lui, che ormai sarà da tempo in pensione, e lo immagino giudicare questo declino con severità e tenerezza allo stesso tempo. Forse non ha mai saputo quanto fosse importante per me, o forse sì, ma a me rimane il dubbio e il senso di colpa verso la mia giovinezza che mi ha portato altrove senza pensare che avrei dovuto dirglielo.

PS: il libro, il primo di una lunga lista e di una importante contribuzione al mio crollo finanziario, è ancora con me e mi ha seguito in tutti i miei innumerevoli traslochi.

Il libro: “L’Atzeco”

di Gary Jennings