Chi ha il diritto di criticare un “grande classico”? Le opinioni sono tante, ma le riassumo in due grandi gruppi: chi dice “chiunque“, chi dice “solo chi ha studiato e ha una laurea pertinente“.

Ma cosa vuol dire “criticare“?

Se criticare vuol dire analizzarne grammatica e sintassi, comprendere l’inquadramento storico dell’autore, i risvolti filosofici e storici, lo stile della scrittura e le eventuali evoluzioni del linguaggio, allora non si può che essere d’accordo sul fatto che occorre competenza e studi adatti (che però non coincidono per forza con una laurea, magari può anche essere studio individuale). In genere in questo gruppo si trovano persone che considerano un commento qualunque che provenga da uno sconosciuto non qualificato (secondo la loro personale opinione) un reato di lesa maestà, un vilipendio.

Se invece per critica si intende l’espressione di un parere (tipo “Mi piace, ma è difficile da leggere” oppure “Non mi piace” oppure “Mi ha annoiato”), allora sono in accordo con il primo gruppo. Per me CHIUNQUE può dire la propria su un libro qualunque, anche se fosse un classico, anche se fosse IL classico dei classici, anche se fosse uno degli “intoccabili”.

Trovo l’arte molto democratica e trovo che nasca da un profondo bisogno dell’uomo di comunicare non solo a parole, ma a volte con suoni o con colori o con sculture, ciò che si sente dentro. E chi riceve l’oggetto artistico, chi legge un libro, chi guarda un quadro, chi ascolta una melodia, ha tutti i diritti di dire che quel messaggio non gli arriva, anche se non ha le competenze tecniche per spiegarne il perché.

Trovo ODIOSO lo sminuire l’opinione di qualcuno, chiunque esso sia e qualunque estrazione sociale o culturale abbia.

Trovo ODIOSE le persone che lo fanno.